EUCOOKIELAW_BANNER_TITLE

Ignacio Ramonet: Google sa tutto di te

Ignacio-Ramonet_1024-350x460

DI IGNACIO RAMONET

[Traduzione di Pierluigi Sullo] Nella nostra vita quotidiana lasciamo costantemente tracce che disegnano la nostra identità, lasciano intravedere le nostre relazioni, ricostruiscono i nostri spostamenti, identificano le nostre idee, svelano i nostri gusti, le nostre scelte e passioni, incluse le più segrete. Lungo tutto il pianeta molteplici reti di controllo di massa ci sorvegliano in permanenza.

Ovunque qualcuno ci osserva attraverso i nuovi mezzi digitali. Lo sviluppo della “internet delle cose” (Internet of Things) e la proliferazioni degli apparati connessi moltiplicano la quantità delle spie di ogni tipo che ci accerchiano. Negli Stati uniti, per esempio, l’impresa elettronica Vizio, basata a Irvine (California), principale produttore di televisori intelligenti connessi a internet, ha rivelato di recente che i suoi televisori spiavano gli utenti per mezzo di tecnologie incorporate nell’apparato.

I televisori registrano tutto quel che gli spettatori consumano quanto a contenuti audiovisivi, tanto i programmi delle tv via cavo che i DVD, i pacchetti di accesso a internet o le consolle dei videogiochi… Così, Vizio può sapere tutto sulle selezioni che i suoi clienti preferiscono in materia di svago audiovisivo. E, di conseguenza, può vendere questa informazione a imprese pubblicitarie che, grazie all’analisi dei dati, conosceranno con precisione i gusti degli utenti e saranno in una posizione migliore per tenerli sotto tiro.

Questa non è, in sé, una strategia differente da quella che, per esempio, utilizzano abitualmente Facebook e Google per radiografare gli internauti e sottoporre pubblicità adatta ai loro presunti gusti. Va ricordato che, nel romanzo di Orwell “1984″, i televisori – obbligatori in ogni casa – “vedono” attraverso lo schermo quel che la gente fa (“Ora possiamo vederli!”). E la domanda che propone oggi l’esistenza di apparati tipo quelli della Vizio è sapere se siamo disposti ad accettare che il nostro televisore ci spii.

A giudicare dalla denuncia fatta nell’agosto del 2015 dal deputato californiano Mike Gatto contro l’impresa sudcoreana Samsung, parrebbe che non siamo disposti. L’impresa era accusata di equipaggiare i suoi nuovi televisori anche con un microchip nascosto, capace di registrare le conversazioni dei telespettatori, senza che questi lo sapessero, e trasmetterle a terzi… Mike Gatto, che presiede la Commissione per la protezione del consumatore e della privacy nel Congresso della California, ha anche presentato una proposta di legge per proibire che i televisori possano spiare la gente.

Ma Jim Dempsey, direttore del centro “Diritto e tecnologie” dell’Università di California, a Berkeley, pensa che i televisori-spia sono destinati a proliferare: “La tecnologia permetterà di analizzare i comportamenti della gente. E questo non interesserà solo gli inserzionisti pubblicitari. Potrebbe anche permettere la realizzazione di valutazioni psicologiche o culturali che, per esempio, interessano alle compagnie di assicurazioni”. Soprattutto se si tiene in considerazione che le imprese di risorse umane e di lavoro temporaneo già utilizzano sistemi di analisi della voce per ottenere una diagnosi psicologica immediata di persone che chiamano al telefono alla ricerca di un impiego…

Distribuiti un po’ ovunque, i rilevatori dei nostri atti e gesti abbondano attorno a noi, compreso, come abbiamo visto, dentro il nostro televisore: sensori che registrano la velocità dei nostri spostamenti o dei nostri itinerari; tecnologie di riconoscimento facciale che memorizzano l’impronta del nostro viso e creano, senza che noi lo sappiamo, basi di dati biometrici su ciascuno di noi. Per non parlare del nuovi chip di identificazione via radiofrequenza, RFID, che tracciano automaticamente il nostro profilo di consumatori, come già fanno le “carte fedeltà” che generosamente offre la maggior parte dei grandi supermercati e dei grandi marchi.

Ormai non siamo più soli davanti allo schermo del nostro computer. Chi ignora a questo punto che vengono esaminati e filtrati i messaggi elettronici, le ricerche in rete, gli scambi nelle reti sociali? Ogni clic, ogni chiamata telefonica o uso del telefono, ogni utilizzazione della carta di credito e ogni navigazione in internet procura eccellenti informazioni su ciascuno di noi, informazioni che vanno a arricchire un impero invisibile al servizio di corporation commerciali, imprese pubblicitarie, entità finanziarie, partiti politici e autorità governative.
Il necessario equilibrio tra libertà e sicurezza corre, quindi, il rischio di rompersi.

Nel film di Michael Radford, 1984, basato sul romanzo di Orwell, il presidente supremo, chiamato Big Brother, definisce così la sua dottrina: “La guerra non ha per obiettivo l’essere vinta, il suo obiettivo è continuare”; e: “La guerra la fanno i dirigenti contro i loro stessi cittadini, e ha per oggeto il mantenere intatta la struttura stessa della società”. Due principi che, stranamente, sono oggi all’ordine del giorno delle nostre società. Con il pretesto di cercare di proteggere l’insieme della società, le autorità vedono in ciascun cittadino un potenziale delinquente. La guerra permanente (e necessaria) contro il terrorismo fornisce un alibi morale impeccabile, e favorisce l’accumulazione di un impressionante arsenale di leggi utili a procedere al controllo sociale integrale.

Ma di più: bisogna tenere in conto il fatto che la crisi economica soffia sul fuoco dello scontento sociale, che, qui o là, potrebbe prendere la forma di ribellioni sociali, sollevazioni contadine o rivolte delle periferie. Più sofisticate dei manganelli delle forze dell’ordine, le nuove armi di vigiulanza permettono di identificare meglio i leader e metterli in anticipo fuori gioco.

“Esisterà meno rispetto per la vita privata, ma più sicurezza”. ci dicono le autorità. In nome di questo imperativo si crea così, un po’ alla volta, un regime securitario che potremmo qualificare come “società del controllo”. Oggi il principio del “panopticon” si applica a tutta la società. Nel suo libro “Sorvegliare e punire” il filosofo Michel Foucault spiega che il “panopticon” (l’occhio che tutto vede) è un dispositivo architettonico che crea una “sensazione di onniscienza invisibile”, e che permette ai guardiani di vedere senza essere visti dentro il recinto di una prigione. I detenuti, esposti permanentemente allo sguardo nascosto dei “vigilanti”, vivono con il timore di essere colti in fallo…

Ne possiamo dedurre che il principio organizzatore di una società della disciplina è il seguente: sotto la pressione di una vigilanzia ininterrotta, la gente finisce per modificare il suo comportamento. Come afferma Glenn Greenwald: “Le esperienze storiche dimostrano che la semplice esistenza di un sistema di vigilanza su larga scala, qualunque sia il modo in cui lo si utilizza, è sufficiente di per sé a reprimere i dissidenti. Una società consapevole di essere permanentemente vigilata diventa docile e timorata”.

Oggi, il sistema panottico si è rafforato con una particolarità nuova in confronto alle precedenti società del controllo, che confinavano le persone considerate antisociali, marginali, ribelli o nemiche, in luogi di privazione della libertà: prigioni, riformatori, manicomi, asili, campi di concentramento… Invece le nostre società del controllo lasciano in una libertà apparente i sospetti (ossia tutti i cittadini), ma li tiene sotto vigilanza elettronica permanente. La contenzione digitale ha sostituito quella fisica.

A voltue, questa vigilanza costante si mette all’opera anche con l’aiuto di apparati spia tecnologici che la gente compra liberamente: computer, telefoni mobili, tablet, abbonamenti ai trasporti, carte di credito intelligenti, carte di fedeltà commerciali, localizzatori GPS, ecc. Per esempio, il portale Yahoo!, consultato regolarmente e volontariamente da circa 800 milioni di persone, cattura una media di 2500 azioni orutinarie di ciascuno dei suoi utenti.

Quanto a Google, il cui numero di utenti supera il miliardo, dispone di un impressionante numero di sensori per spiare il comportamento di ciascuno cliente: ll motore Google Search, per esempio, permette di sapere dove si trova l’utente, cosa cerca e in che momento. Il browser di navigazione Google Chrome, una mega-spia, invia direttamente a Alphabet (l’impresa madre di Google) tutto quel che l’utente fa in materia di navigazione. Google Analytics elabora statistiche molto precise delle ricerche degli internauti. Google Plus raccoglie informazioni complementari e le mescola alle altre.

Gmail analizza la corrispondeza scambiata, la qual cosa rivela molto sul mittente e sui suoi contatti. Il servizio DNS (Domain Name Service, o sistema dei nomi dei domini) di Google analizza tutti i siti che ciascuno visita. YouTube, il servizio di video più consultato al mondo, che pure appartiene a Google e, quindi, ad Alphabet, registra tutto quel che facciamo in esso. Google Maps identifica il luogo in cui ci troviamo, dove andiamo e per quale itinerario… AdWords sa che cosa vogliamo vendere o promuovere. E dal momento in cui accendiamo uno smartphone con Android, Google sa immediatamente dove siamo e che stiamo facendo. Nessuno ci obbliga a ricorrere a Google, ma quando lo facciamo Google sa tutto di noi. E, secondo Julian Assange, ne informa immediatamente le autorità statunitensi…

In altre occasioni, quelli che spiano o seguono i nostri movimenti sono sistemi nascosti o camuffati, ad esempio gli autovelox sulle strade, i droni o le telecamere di vigilanza (chiamate anche di “videoprotezione”). Questo tipo di telecamere ha tanto proliferato che per esempio nel Regno Unito, dove ce ne sono più di quattro milioni (una ogni quindici abitanti), un pedone può essere filmato a Londra fino a 300 volte in un giorno. E le videocamere di ultima generazione, come la Gigapan, di altissima definizione – più di un miliardo di pixel – permettono di ottenere, con una sola fotografia e attraverso un vertiginoso zoom dentro la stessa immagine, la scheda biometrica del viso di ciascuna delle migliaia di persone presenti in uno stadio, una manifestazione o un incontro politico.

Nonostante esistano studi seri che hanno dimostrato la scarsa efficacia della videovigilanza in materia di sicurezza, questa tecnica continua ad essere sostenuta dai grandi media. Anche una parte dell’opinione pubblica ha finito con l’accettare la restrizione delle sue stesse libertà individuali: il 63 per cento dei francesi si dichiara disposto a una “limitazione delle libertà individuali in internet in nome della lotta contro il terrorismo”.

Questo dimostra che il margine di crescita in materia di sottomissione è ancora considerevole.

Simone De Beauvoir e della mancata solidarietà e sorellanza tra donne – AUDIO

Simone De Beauvoir Dale Zaccaria

La storia delle donne è stata fatta dagli uomini ci dice Simone De Beauvoir. E in questa narrazione millenaria patriarcale e maschilista, troppo spesso le donne sono nemiche – invidiose, gelose e competitive – delle altre donne. Pronte a distruggere l’altra. Questo testo è indirizzato non agli uomini, ma alle donne, affinché prendano coscienza e consapevolezza che senza solidarietà e sorellanza tra loro, senza la capacità di essere un corpo unico e fraterno, ogni battaglia verso il patriarcato è persa.

Pier Paolo Pasolini Langage et poésie – AUDIO

Pier Paolo Pasolini Dale Zaccaria

La conclusione sarà la distruzione dell’oggetto e l’autodistruzione dell’autore stesso: Salò o le centoventi giornate di Sodoma.
Dietro questo film sembra disgregarsi il tempo storico, il passaggio epocale dei corpi, “umiliati e distrutti”. Metafora il film della decadenza del regime fascista e della repubblica di Salò simbolo per Pasolini di quella perversione – che trae il suo leitmotiv da De Sade- perversione che come afferma il poeta è già inscritta nella società attuale e che vede ovunque (1): trattandosi appunto di quel gioco perverso che compie il Potere nella mercificazione, manipolazione e distruzione dei corpi e quindi dell’individuo. E tutto questo non può che riflettersi nell’allegoria pregnante della dissoluzione-disintegrazione dell’uomo nella modernità, dell’antico sapere nei circuiti o meglio corto-circuiti della cultura massmediale.

Pierpaolo Pasolini. Questa disperata passione di essere nel mondo | Lezione di Nichi Vendola

PIER PAOLO PASOLINI NICHI VENDOLA DALE ZACCARIA

Lezione di Nichi Vendola
Introduce Simone Oggionni
Intervengono fra gli altri
Irene Bregola, Fabio del Gracco, Daniela Lanzotti, Filippo Lange
con la partecipazione speciale dell’artista Nicola Verlato e della poetessa Dale Zaccaria

Pier Paolo Pasolini questa disperata Passione di essere nel mondo

PIER PAOLO PASOLINI NICHI VENDOLA DALE ZACCARIA

L’UNIVERSITA’ DELL’UGUAGLIANZA
presenta
Pier Paolo Pasolini questa disperata Passione di essere nel mondo

Prosegue il ciclo “Vivere nella tempesta”. Nichi Vendola parlerà di PPP, “Questa disperata passione di essere nel mondo”. Giovedi 19.11 alle 17 sulla pagina FB di Uniug e su zoom. Per iscriversi e ricevere i codici scrivere a: universitadelluguaglianza@gmail.com.

Documentario Non Ritrarti Poesia di luce tra Identità e Ritratto

documentario NON RITRARTI

Qui potete vedere il documentario: “Non Ritrarti Poesia di luce tra Identità e Ritratto” a cura di Tomas di Terlizzi con la partecipazione de I Camalioni & Me. CLICCA QUI

I Camalioni è un laboratorio sperimentale di attività creative a Bisceglie (Puglia) composto da persone diversamente abili e che hanno vissuto l’esperienza manicomiale. Dal 2014 i loro dipinti sono le copertine dei miei libri. Prosegue la collaborazione artistica anche con cortometraggi e documentari.

12 Ottobre 1492 niente da celebrare – Donna Fernanda Isabel e il saccheggio delle Americhe

Donna Fernanda Isabel e il saccheggio delle Americhe Dale Zaccaria

12 Ottobre 1492 niente da celebrare il mio contributo “Donna Fernanda Isabel e il Saccheggio delle Americhe” racconto satirico

Un Cristoforo Colombo catapultato ai giorni nostri, una Donna Fernanda Isabel dedita alla borsa dei valori, flussi finanziari e banche. Un racconto grottesco tra storia e realtà, tra passato e presente, per meditare sull’estrattivismo in molti paesi dell’America Latina: un vero saccheggio di risorse naturali che crea la ricchezza di pochi, la povertà di molti, morte e danni ambientali e quali le responsabilità di vecchi e nuovi conquistatori? Questa è la domanda che si vuole lasciare aperta come momento di riflessione. Dipinto copertina de I Camalioni.

Pas les fleurs mais les roses – Inédit pour une passante

non-i-fiori-ma-le-rose-dale-zaccaria

Pas les fleurs mais les roses
je veux compter les roses
dé memoire violettes
dur et rouge

avec la bouche
jaune
éternellement fermé

les roses blanche
vierges et blanche
clair comme la mort
blanches comme l’attente

pas les fleurs moi je veux compter
les roses
nos roses

celles de tes mains
celles qui coulent de ton sexe
qui envahissent
la parole

la rose de mon esprit
la rose de la victoire
la rose seulement la rose

qui ne sont pas les roses
pétales et parfume de roses.

TRADUZIONE della Lirica Non i fiori ma le rose da INEDITO PER UNA PASSANTE

Pier Paolo Pasolini : Langage et poésie

PIER PAOLO PASOLINI FOTO DI LETIZIA BATTAGLIA

di DALE ZACCARIA

“Sul vuoto che Pasolini ha lasciato permane la difficoltà di cancellarne l’ombra, e più si tenta di cancellarla e più si proietta nella realtà che stiamo vivendo” Enzo Golino

Itinerari Pasoliniani. La dissoluzione dei corpi.

L’omicidio di Pasolini segna i territori delle debolezze collettive, divenendo egli vittima sacrificale del cannibalismo dei linguaggi giornalistici e neo-televisivi;
l’evento luttuoso viene esteriorizzato, tolto dalla sua aura intima e dolorosa dagli apparati comunicazionali e della cultura di massa.
Lo stesso corpo martorizzato assunto ad icona dell’inconscio collettivo rappresenta i rischi della modernità: la dissoluzione dei corpi, mutazione e disgregazione sociale.
Pasolini nel suo ultimo atto vive e fa vivere paradossalmente la crisi, l’atonia di una destorificazione dell’individuo dove la stessa morte è spettacolarizzata.
Il pensiero postmoderno francese con Baudrillard, sottolinea come la logica della rappresentazione diventi prioritaria rispetto all’oggetto rappresentato: “non l’estasi della comunicazione dove tutto è sottoposto all’estroversione forzata di ogni interiorità e all’introiezione forzata di ogni esteriorità.”

A difendere il dolore dello scrittore che affermava “ sento la mia tensione verso un mondo che io rifiuto, che non ha ragione” interverrà l’urlo di Moravia a Campo dei Fiori: “il poeta dovrebbe essere sacro.”
Nel saggio Empirismo Eretico, l’autore si dibatte, nella prima parte sulla storia dei rapporti dello scrittore italiano con la lingua media, constatando le problematiche inerenti ad essa: la non esistenza di una lingua nazionale o “imperfettamente nazionale.”

La koinè come entità dualistica, italiano letterario e italiano strumentale, il tutto intessuto in un modello borghese o piccolo borghese a cui soprattutto la letteratura alta e media s’intreccia All’orizzonte intanto “ si profila la lingua del futuro(…)quella voluta dai tecnocrati, dai neocapitalisti (…).”

Così il linguaggio giornalistico, anticreativo, che si deve completamente adeguare alla richiesta di massa, ritagliando dalla grammatica italiana solo gli elementi che concernono la comunicazione. O quello politico, segno evidente dell’omologazione della nuova società neocapitalistica.

La cultura tecnocratica-tecnologica si accinge ad espropriare afferma il poeta “tutto il passato classico e classicistico dell’uomo: ossia l’umanesimo.” Pasolini testimonia con il proprio corpo questo passaggio epocale fino a giungere a quel livellamento linguistico dovuto alla diffusione dei mezzi mass-mediali (radio, televisione).

Come annota Andrea Miconi “ relativamente precoce è dunque in Pasolini, la coscienza del ribaltamento globale delle culture, degli investimenti estetici ed effettivi e dei modi dell’esperienza vissuta, della de-erotizzazione dell’agire creativo e della meccanizzazione dei modi e delle tecniche di espressione.” Stiamo assistendo alla formazione di un nuovo regime antropologico, una nuova cultura che sopprime quella popolare con istanze consumistiche e di mercificazione.

La polemica dell’ eretico antimoderno contro l’influenza e la manipolazione sociale dei mezzi di comunicazione di massa, la mercificazione estetica da essi compiuta e avvertita come l’erosione auratica dell’opera d’arte, la desacralizzazione dell’immagine ormai fruita quotidianamente, passivamente dallo spettatore non è più epifania delle radici mitiche dell’espressione. Quest’ultima sarà riscattata nell’innesto compiuto da Pasolini tra il dialetto romano e il suo italiano letterario, dove la lingua della borgata diviene il territorio di una “naturalità espressiva” come afferma De Benedectis, inscritta nei corpi e nei luoghi dei propri parlanti.

Esprimersi è esistere.

Pasolini è un infaticato sperimentatori di linguaggi. Egli può esistere solo esprimendosi, così la scrittura, così anche il cinema, sono i mezzi con i quali egli può liberarsi da questa ossessione, ma al contempo gli strumenti necessari per recuperare quel mondo primigenio ed innocente.

Tullio De Mauro in un suo saggio “Pasolini critico dei linguaggi” ripercorre questa iniziazione. Il poeta è legato essenzialmente ad un’ ambiente in cui si esprime l’altarità dialettale, da un lato della madre friulana e dall’altro del padre romagnolo, a fare da traid d’union a queste componenti eterogenee sarà l’obbligo d’apertura ad una strada verso l’italofonia. La figura paterna è legata a quel complesso edipico analizzato e superato nel film del 1967 Edipo Re, dove in un primo tempo il regista riscrive la tragedia sofoclea in chiave autobiografica, cercando il superamento necessario a questa condizione. Scrive Pasolini: “questo è ciò che Sofocle mi ha ispirato: il contrasto tra la totale innocenza e l’obbligo di sapere. Non tanto la crudeltà della vita che determina i crimini quanto il fatto che la gente che non tenta di comprendere la storia, la vita, la realtà.”

Tra feticci metropolitani e la disgregazione di un unitario passato.

L’arrivo di Pasolini a Roma è dettato più che da una scelta personale, dagl’eventi traumatici che si susseguirono nella vita del poeta: leggiamo nel saggio di Andrea Miconi, PPP, la poesia, il corpo e il linguaggio : “ a Roma era approdato rocambolescamente nel Dicembre del 1949, al termine da una vera fuga da Casarsa, in Friuli, il paesino della famiglia materna, dove egli viveva e lavorava. La fuga, un trasloco organizzato in fretta e furia con la madre Susanna Colussi, seguiva di un paio di mesi la prima traversa giudiziaria subita dal poeta: un processo per atti osceni in luogo pubblico e corruzione di minorenne che gli aveva fruttato l’espulsione dal PCI per “indegnità morale e politica” e il licenziamento dalla scuola media di Valvasone dove Pasolini insegnava italiano, e dove pare fosse avvenuto il fatto.”

L’incontro con Roma e soprattutto con la borgata corrisponde in Pasolini alla scoperta di nuovi linguaggi e di forme espressive alternative, dal romanzo al cinema; ma segna anche il passaggio dal modello Pascoliano assunto nel periodo friulano a un “linguaggio più spettacolare”.
Se nel processo letterario pasoliniano era già inscritto l’evento cinematografico esso diventa anche il modo di confrontarsi con un mondo che conosceva solo lateralmente e che gli permette così di riformulare il proprio ruolo d’intellettuale.

Come afferma lo studioso Serafino Murri “ confrontarsi con l’immediatezza di uno degli allori principali mezzi di comunicazione di massa, molto meno “aulico” e gravato dai cliché borghese della solipsistica inaccessibilità alle masse dell’espressione letteraria, significava, in qualche modo “scendere in campo”. Utilizzare quello che negl’ anni Sessanta era il mezzo di comunicazione dell’etica borghese per eccellenza significava accettare la sfida aperta da quella cultura.”

Certo Pasolini non era “un perfetto uomo di cinema”, le sue immagini non erano strutturate sulla maniacalità tecnica, erano spesso “sgrammaticate” e la logica della loro costruzione era più poetica che strettamente cinematografica. De Benedictis sintetizza l’immagine (cinematografica) pasoliniana in un termine “feticistica”, poiché l’autore preferisce spezzare l’andamento del film in inquadrature nette e distinte. Proponendo la sua teoria di un linguaggio cinematografico della vita, o meglio, della vita come cinema in “natura”.

Le prime esperienze cinematografiche di Accattone e Mamma Roma si formano “sulle dilatazioni di una poetica ancora sospesa tra la dimensione artigianale e locale dell’esperienza creativa e quella istituzionale della produzione della cultura di massa.” (cfr. Miconi)

Il cinema di Pier Paolo Pasolini consacrato da una vocazione regressiva non può che determinarsi in una frattura drammatica e lacerante, nell’annullamento individuale, nel decadimento di corpi e dell’esperienza sociale. Le inquadrature che isolano feticisticamente la realtà esprimono il transito di luoghi, oggetti, corpi, da un prima ad un dopo, ma anche il passaggio dello stesso autore, da una adesione passionale al rigetto furioso e indignato della realtà.

La conclusione sarà la distruzione dell’oggetto e l’autodistruzione dell’autore stesso: Salò o le centoventi giornate di Sodoma.

Dietro questo film sembra disgregarsi il tempo storico, il passaggio epocale dei corpi, “umiliati e distrutti”. Metafora il film della decadenza del regime fascista e della repubblica di Salò simbolo per Pasolini di quella perversione – che trae il suo leitmotiv da De Sade- perversione che come afferma il poeta è già inscritta nella società attuale e che vede ovunque (1): trattandosi appunto di quel gioco perverso che compie il Potere nella mercificazione, manipolazione e distruzione dei corpi e quindi dell’individuo. E tutto questo non può che riflettersi nell’allegoria pregnante della dissoluzione-disintegrazione dell’uomo nella modernità, dell’antico sapere nei circuiti o meglio corto-circuiti della cultura massmediale.

Note

1) Rispetto al suo ultimo lavoro cinematografico Salò o le 120 giornate di Sodoma, Pasolini afferma in una nota a questo lavoro “vedo perversione ovunque” in Salò o le 120 giornate di Sodoma versione dvd I grandi successi del cinema Italiano in contenuti.

Riferimenti Bibliografici

Tullio De Mauro, Pasolini critico dei linguaggi, in P.P. Pasolini, a cura di R. Tordi, «Galleria», XXXV (1985), 1-4, 7-20.
Maurizio De Benedectis, Fellini e Pasolini linguaggi dell’aldilà, Edizioni Lithos.
Andrea Miconi, P.P. Pasolini, la poesia, il corpo ed il linguaggio, Edizioni Costa e Nolan.
Serafino Murri, Pier Paolo Pasolini, edizioni Castoro.

* foto di Letizia Battaglia

Lisbona città di luce – POESIA

Lisbona (2)Lisbona

Lisbona città
di luce
oceano di frontiera
porto di resistenza.

LISBONA 23 AGOSTO 2020

Pensiero Attivo

“Il difficile non è scriverla la poesia, quanto trovarla, mantenerla, farla vivere nei propri occhi, nel proprio cuore, nella propria vita” Dale Zaccaria

“L’oppressore non sarebbe così potente se non trovasse fedeli collaboratrici tra le oppresse” Simone de Beauvoir

“Ho imparato due cose importanti che dovrebbero essere ancora basilari nel mondo dello spettacolo e nella vita: la dignità e il rispetto di se stessi e degli altri” Franca Rame

“In Italia c’è il mancato riconoscimento del merito, il fatto che se hai talento ti ostacolano. Il talento diventa un elemento che va a rompere gli equilibri di mediocrità e compromesso di un sistema clientelare, dove la parola conoscenza equivale a raccomandazione” Dale Zaccaria

“Una società sana premia il merito, punisce i mascalzoni e investe nell’istruzione ” Milena Gabanelli

Partnership Libreria Amica: LIBRERIA ANTIGONE DI MILANO: Nata a giugno 2016, la libreria Antigone è specializzata in tematiche Lgbtqi+ femminismi e studi di genere. Un piccolo luogo di ritrovo con un grande intento: fornire strumenti per capire, educare, crescere.