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Analisi semantica-stilistica Il manicomio della bella folla

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Dale Zaccaria – Il manicomio della bella folla

Analisi semantica-stilistica degli XI frammenti di prosa poetica de Il manicomio della bella folla

Innanzitutto è da analizzare il titolo del libro che racchiude in sé una forma antitetica di squilibrio e bellezza allo stesso tempo: il “manicomio” rimanda ad un mondo di squilibrio, infermità mentale, chiuso, circoscritto da poche persone che si contrappone alla “bella folla” un mondo molto più vasto, aperto, colorito e soprattutto animato dalla molteplicità del genere umano. Inoltre il termine “folla” può essere letto in assonanza come “follia” in diretto rapporto all’immagine iniziale del manicomio.

I.

L’io lirico si rivolge direttamente alla sua ispiratrice, Alda Merini esempio di grande donna e scrittrice, descrivendo attraverso una personificazione la città di Milano durante la notte.  L’immagine dei lampioni “accantonati” ai lati della strada sottolinea il valore del “luccichio generoso” delle luci che illuminano e custodiscono la città. L’espressione “silenzioso vociare” contiene in sé un ossimoro: dove “silenzioso “ è legato al “luccichio generoso” e quindi all’assenza di rumore e “vociare” invece è legato al suono della città che si sta svegliando dalla lunga notte con grande frastuono. È una città pallida, che racchiude in sé un disagio che non può essere espresso solo attraverso le parole ma che va vissuto come ha fatto l’io narrante. In questa situazione come diceva la scrittrice, i poeti rimangono nella loro solitudine a “contare le proprie sconfitte” perché incompresi dal resto della società. Il pallore è sintomo di disagio esistenziale non solo della città ma anche dello stesso io narrante che sono in stretto rapporto di alternanza. È importante da notare l’assonanza interna ai versi tra “cantare” e “contare” due verbi all’infinito che descrivono l’azione che compie il soggetto inanimato. L’immagine delle sigarette che vengono fumate rimanda all’ inarrestabilità del tempo sulla vita umana in rapporto all’”armatura bianca” che racchiude il senso dell’anima della scrittrice, pura, casta, come una corazza per essere fortificata e non essere scalfita dalle avversità della vita e del destino. Una corazza “fatta d’amore e manicomio”, quindi in contrapposizione tra sentimenti veri, ragione e squilibrio, infermità mentale. È evidente il rimando al topos greco di Psiche e Amore: l’amore che non è più ragione, che spinge all’irrazionalità, sentimento puro e forte che non può essere più controllato dalla mente e quindi porterà alla follia totale. Inoltre l’”armatura bianca” può essere interpretata più propriamente in ambito ospedaliero come camice bianco indossato dai pazienti che perdono la propria personalità e quindi  considerati tutti uguali. L’anima della scrittrice non è mai stata scalfita veramente perché è riuscita ad andare sempre avanti con il proprio pensiero e le sue forze “grosse caviglie” condividendola con tutto il genere umano “sconosciuti” e facendone grande esempio di amore e poesia.

II.

L’autrice si rivolge direttamente alla sua Musa ispiratrice, sostenendo il valore puro e grandioso della sua poesia. È una poesia immensa che procede senza freni “seguire a galoppo” che copre un vasto raggio e si sviluppa sotto la volontà divina “sponde che stanno sotto il cielo” che non ammette rinunce e nessuna proibizione, anzi accresce il suo valore di magia e orazione. Per svolgere questo operato è richiesto un grande talento che forse non è ancora sufficiente a descrivere lo straordinario valore dell’Amore. È importante da notare il gioco di parole tra “abbastanza” e “non basta”  che rimandano all’incapacità di svolgere l’esercizio poetico sottolineando il contrasto su cui si basta tutta la poesia.

III.

L’io lirico si interroga sul significato dell’atto poetico “manciata d’inchiostro” per descrivere il suo stato d’animo in riferimento al gioco di colori tra il giallo e rosso simbolo di passione e forza (due colori primari per la formazione dell’arancione simbolo del fuoco, fiamma viva che arde e del Sole, centro dell’universo) e il gioco tra il celeste e il bianco simbolo di purezza, castità, devozione associata all’immagine cristiana dell’angelo, guardia e protezione dell’uomo. Da questa contrapposizione cromatica tra giallo/rosso e celeste/bianco emerge un graduale passaggio dalla dimensione terrena a quella più propriamente divina.

IV.

L’io narrante continua il dialogo con la sua Musa ispiratrice attraverso la descrizione stagionale dell’autunno sempre attraverso l’uso cromatico e del correlativo oggettivo. L’autunno è descritto attraverso il colore arancione, caratteristico delle foglie e degli alberi per passare poi alle castagne frutto tipico di stagione. È un autunno descritto attraverso l’odore del fumo dei camini e l’immagine della legna appena tagliata fuori dalle case pronta da ardere. È importante da notare l’uso della sinestesia che unisce il senso visivo a quello olfattivo che viene utilizzato dalla scrittrice per descrivere il suo stato d’animo di disagio e malinconia caratteristico del periodo autunnale. Questo disagio continua anche nella descrizione successiva dove c’è assenza di vento nella città di Firenze, immobilità e staticità dell’esistenza terrena (la bora è il tipico vento che soffia da ponente) come l’assenza di colori ormai spenti nel caffè di Firenze (immobilità  del caffè e quindi assenza di suono della folla), o come le passeggiate a piazza Navona “incontri sulla fontana” e quindi lo scorrere dell’acqua e il rumore della gente, per finire con la descrizione dell’edera che “si aggrappa sui vicoli di Roma”. L’edera pianta arrampicante è un genere di pianta parassita che si nutre di altre piante per la sopravvivenza così come il genere umano che cerca di sopravvivere agli ostacoli della vita e del destino in una continua lotta di esistenza. È un autunno che si ripete nel tempo come tanti altri, l’autunno descritto dai poeti nelle loro poesie malinconiche “chiome delle muse”, folte, piene di stati d’animo e sensazioni sul male di vivere e sul sentimento dell’amore.

V.

La poesia si apre con l’espressione antitetica del “manicomio” e della “bella folla” che dà il titolo a tutta la raccolta. Si passa da un ambiente chiuso, circoscritto ad un ambiente molto più vasto che ingloba tutto il mondo esterno  e in particolare “la folla quella poco innamorata” perché disillusa, rappresentata dai giovani amanti e dal loro amore in contrasto ad un mondo spietato senza affetto che porta all’isolamento e all’alienazione più totale. Neanche il valore della poesia  è comprensibile in questo mondo di caos “manicomio” che fa risaltare soltanto i valori materiali e quindi terreni. Un caos che emerge anche intorno al nome della scrittrice, alle sue origini, alle sue poesie e anche alle sue figlie sfruttate ed usate solo per il loro nome illustre. È importante da notare il gioco di parole “prestito” che si trasforma in “sequestro” e quindi furto, sottrazione illegittima dei valori più cari all’autrice e quindi anche la stessa poesia. È il caos del mondo che ruota intorno all’immaginario collettivo, al finto apparire, al non essere ciò che si è veramente “santi, poeti e professori”. Il caos rappresentato dalle “cento poetesse” pronte al suicidio come nell’immagine del mondo classico il sacrificio delle vergini veniva offerto in devozione agli dei. Questa immagine racchiude in sé la morte della poesia che si autodistrugge nel disordine più totale della società. Questo contrasto viene sottolineato dalla contrapposizione dei verbi “allargare/allungare” riferiti all’immagine delle donne frivole e al loro doppio ruolo di “amiche/nemiche”.  In questo mondo dove non ci sono più certezze, in una continua minaccia di pericoli, atti imminenti, disordini collettivi, l’amore viene percepito come errore, come grande peccato a causa della sua straordinaria purezza, forza e potenza. La poesia è inesistente perché incomprensibile davanti a tanto odio e concretezza. Rimane solo un mondo di immagine, di finzione, pieno di immagini stereotipate, di donne finte, vuote che si sciolgono “donne di cera” prive della loro dignità, e di uomini che non hanno più valori né ideali, arrivando a perdere anche la loro immagine di virilità “rigidi coglioni”. È importante da notare proprio questa figura dei “rigidi coglioni” in rima interna con “adoni” che sottolinea la figura di uomini stupidi, inetti, che curano solo l’aspetto fisico, ma che rimanda anche al ruolo svolto dalla maitresse nelle case di tolleranza e quindi all’esplicita allusione all’atto sessuale più concreto. Non esiste più l’Amore ma soltanto l’Essere che si riconosce nell’Apparire e nel senso di possessione dei beni materiali. È importante da sottolineare anche l’anafora del termine “manicomio”  presente nei versi finali che sottolinea il senso di instabilità e ripetizione in tutta la poesia. È una società senza precendenti, allo sbando più totale, senza freni, senza alcuna istituzione “dottori”, senza sentimenti che porta all’assuefazione. Questa è la società contemporanea.

 

VI.

L’autrice continua la descrizione di questa società alienata rimasta chiusa fuori, pura follia senza rabbia, delle serrande che non vengono aperte completamente e quindi la difficoltà di vedere al di fuori, di andare oltre il mondo delle apparenze e inganni. È evidente il rimando all’immagine delle tapparelle semi chiuse nei padiglioni degli ospedali psichiatrici che non permettono alla luce di filtrare dentro e non consentono ai malati di vedere il mondo circostante. L’essere umano fa fatica ad uscire fuori, ad affermarsi in questa società alienante dove non c’è più affetto e dove anche la poesia non riesce a penetrare. Non si coltivano più valori, interessi, per appassire come “fiori” senza il nutrimento essenziale dell’acqua e quindi il valore della cultura per il genere umano.  È la società dove si lasciano “donne/mogli”  senza alcuna custodia e conquista amorosa, dove si svelano senza ritegno “segreti” intimi degli amanti e “fogli” di poesia. Qui è importante da notare l’elemento dei “fogli” che può essere letto in assonanza come “figli” in rapporto all’immagine delle “mogli” e quindi anche madri. Questa è la società della folla “poco innamorata” che fa fatica ad amare perché ormai disillusa da tutti i valori alti e sublimi della poesia.  Su questa società domina un Dio giudice, in collera “incendiario” con la sua voce di denuncia e condanna non più armoniosa per il genere umano in contrasto al suono della cetra, antico strumento a corde utilizzato nell’antichità dal tipico suono melodioso.

VII.

Nella descrizione di questa società caotica immersa nel disordine più totale emerge la figura dell’Androgino: essere asessuato con caratteristiche sia maschili che femminili in diretto rapporto di alternanza. L’autrice inizia apparentemente la descrizione di un uomo dal petto virile, in contrasto alla sua bocca con labbra più delicate “la margherita chiusa in bocca” e quindi che sanno pronunciare parole d’amore. La descrizione del “ventre da ragazzo” in apparenza maschile in realtà può essere letta anche in chiave femminile in quanto fulcro di vita e procreazione dell’esistenza umana. L’immagine del “cuore accavallato” che rimanda alla caratteristica femminile dell’accavallamento delle gambe, può essere interpretata anche a livello di dissidio interiore come un cuore in conflitto, pieno di problemi, pensieri e dubbi sulla vita e sull’esistenza umana.  L’anafora “lui” presente nei versi finali sottolinea la figura del ruolo maschile che si afferma all’interno dell’essere asessuato, una figura gelosa che sa ascoltare i sentimenti più profondi dell’autrice, che sa esprimere l’amore e comprendere la sua poesia meglio di ogni altra donna.

VIII.

L’io narrante continua il lungo dialogo con la sua interlocutrice sottolineando il valore della poesia esatta, precisa che si distacca dal disordine della vita quotidiana con valori molto più alti, sublimi da servire come una “dama” di corte. Ritorna l’immagine dell’”amore cortese”, un amore puro, casto, con caratteristiche nobili, elevate che purifica e avvicina l’uomo alla dimensione divina. Un amore espresso attraverso il suono della “musica” cantata come serenata sotto i “balconi” delle donne amate, come il suono cadente del ferro ancora caldo che viene battuto per essere modellato. In questo contesto viene descritta l’immagini di Parigi (classico simbolo di città romantica dell’amore) durante il periodo invernale. La bellezza della città viene paragonata alla bellezza della Musa seduta accanto alla scrittrice, rappresentata con “otto costellazioni” nella sua mano destra, con un diretto rimando all’immagine delle otto stelle presenti nel Paradiso della Divina Commedia come ai nove cieli presenti nell’Empireo. È una dimensione alta, spirituale per la purificazione dell’animo umano dal peccato e per distogliere il suo sguardo dall’accostamento a tutti i valori materiali e quindi terreni.

 

 

 

 

IX.

L’io lirico interroga la scrittrice sul valore della poesia e in particolare il ricordo del grande poeta delle borgate (Pier Paolo Pasolini) descritto come un eroe, dal volto sciupato, consunto dal tempo, dalle esperienze della vita e dalla fatica della scrittura incessante. Con la sua poesia pungente di straordinaria audacia raffigurata mediante l’ossimoro “violenta bellezza”, con la sua fronte piena di rughe, con il ricordo di un passato ormai trascorso e uno sguardo rivolto verso un futuro decisamente incerto. Lui il poeta indifeso, solo con l’armatura della scrittura per denunciare le ingiustizie della società “esatto come una bestemmia”, “colmo di amore e scandalo” per le sue poesie innovative riguardo il concetto di amore e per questo irriverenti. Questo poeta non deve essere dimenticato ma portato sempre nel cuore come un compagno di vita “sotto braccio” che si può identificare nelle mani del contadino e quindi nell’umile lavoro dei campi.  Il poeta è paragonato ad una vite che produce uva e quindi vino che richiama il colore “rosso” del cuore pieno di passione e audacia  in rapporto alla vigna che si estende sotto un “pergolato di stelle” e quindi sotto un cielo stellato. Il poeta è vero, autentico, un poeta-vate che sa parlare alla folla, in grado di far comprendere il grande valore della sua poesia antica e allo stesso tempo moderna.

X.

L’io narrante rivolgendosi alla sua destinataria, descrive l’immagine vuota e finta delle belle “signore travestite di nulla” prive di dignità e di facili incontri, di parole dette tanto per dire prive di vero sentimento e di intelligenza “ tessuto del sentimento e dell’ingegno”. Continua la descrizione di una società che ormai appare in completa decadenza che valorizza soltanto i valori materiali, in cui si perdono i veri sentimenti di dignità e morale. Queste signore sono donne che si incontrano per sbaglio, per errore o per circostanze fortuite, che indossano gioielli finti  “collane di minore intelligenza” che fanno risaltare soltanto il loro vuoto, la loro superficialità e invidia, che non usano trucchi per nascondere la loro vera natura, ma possiedono soltanto un portafoglio “ventaglio di calcoli” che utilizzano come scudo, come copertura per nascondere il loro vero essere e far emergere solo l’apparire e il finto benessere “borsa d’oro”. Rimane solo un’anima vuota “poca anima” che annulla la loro dignità di donne devote, madri e tanto meno “regine” da rispettare e servire con lealtà. È da notare la descrizione degli oggetti materiali come le collane, trucchi, ventaglio, borsa che sottolineano l’immagine della donna frivola, di scarsa intelligenza e dignità.

XI.

Per fronteggiare la decadenza di questa società, l’io narrante sottolinea il valore della poesia: unica, vera forma di espressione in grado di sopravvivere nel tempo a tutti i finti valori del mondo contemporaneo. La poesia è paragonata ad un’antica canzone, come una litania lontana “vestita di notte”  che richiama i valori del mondo classico alti e sublimi, “spalle di seta” valori preziosi che sono alla sua base e rimandano ad un mondo più propriamente divino, di redenzione e salvezza dai peccati. L’immagine dei capelli aggrovigliati rimanda all’elemento delle nuvole che si addensano come dubbi e pensieri negli occhi delle donne “madame”. La poesia come valore giusto e puro di sentimento amoroso e prospettiva per il futuro: espressione di meraviglia, avventura e desiderio. È importante da notare che questo valore della poesia è espresso proprio attraverso l’uso della personificazione di elementi femminili come le spalle, piedi, capelli, occhi, ciocche. La poesia è la Musa ispiratrice della scrittrice e di tutta l’umanità, mezzo di comunicazione tra la dimensione terrena e quella spirituale, elemento di purificazione e salvezza da tutti i peccati. È per questo che i poeti continueranno a scrivere i loro versi per tutta l’umanità “scogliere di vita” per un tempo presente, passato e futuro. La poesia è l’unica forma di espressione immortale che rimarrà per sempre.

 

 

Analisi semantica-stilistica svolta da Antonio Sette.

Analisi semantica- stilistica svolta da Antonio Sette, laureato in Lingue e Letterature Moderne (2007), in Studi Letterari e Linguistici (2009) e in Filologia Moderna (2012) presso l’Università La Sapienza di Roma. Tesi di laurea in lingua e letteratura inglese: La visione del tempo nei sonetti di Shakespeare; tesi di laurea in letterature comparate: Le origini del sonetto shakespeariano, da Petrarca a Shakespeare; tesi di laurea in letteratura italiana: Pascoli e Montale a confronto, differenze ed analogie tra Myricae e Ossi di Seppia.

Pensiero Attivo

“Il difficile non è scriverla la poesia, quanto trovarla, mantenerla, farla vivere nei propri occhi, nel proprio cuore, nella propria vita” Dale Zaccaria

“L’oppressore non sarebbe così potente se non trovasse fedeli collaboratrici tra le oppresse” Simone de Beauvoir

“Ho imparato due cose importanti che dovrebbero essere ancora basilari nel mondo dello spettacolo e nella vita: la dignità e il rispetto di se stessi e degli altri” Franca Rame

“In Italia c’è il mancato riconoscimento del merito, il fatto che se hai talento ti ostacolano. Il talento diventa un elemento che va a rompere gli equilibri di mediocrità e compromesso di un sistema clientelare, dove la parola conoscenza equivale a raccomandazione” Dale Zaccaria

“Una società sana premia il merito, punisce i mascalzoni e investe nell’istruzione ” Milena Gabanelli

Partnership Libreria Amica: LIBRERIA ANTIGONE DI MILANO: Nata a giugno 2016, la libreria Antigone è specializzata in tematiche Lgbtqi+ femminismi e studi di genere. Un piccolo luogo di ritrovo con un grande intento: fornire strumenti per capire, educare, crescere.